Quattro chiacchiere con il Consiglio Direttivo FCP: Giorgio Trojsi

Ultima tappa del ciclo di interviste che nelle scorse settimane ci ha accompagnato alla scoperta del Consiglio Direttivo FCP. Un approfondimento pensato per portare in luce le diverse esperienze, i diversi vissuti e sensibilità che compongono il Consiglio: uno sguardo sulla persona che vada oltre alla carica istituzionale.

Per l'ultimo appuntamento parliamo con Giorgio Trojsi, Vice Presidente FCP.

Giorgio, Quale è stato il percorso che ti ha portato ad avvicinarti alla realtà delle cure palliative?

Risale alla notte dei tempi (1989) ed è partito dal mio desiderio di lavorare nel mondo non profit, dopo un’esperienza di qualche anno in una multinazionale americana. VIDAS era una piccola realtà, ma stava crescendo e cercava una figura per il ruolo di segretario generale: hanno scelto me.

Cosa ti dà la motivazione per restare nel mondo delle cure palliative?

Chiedo sempre di leggere le lettere di ringraziamento che arrivano dai famigliari dei nostri malati: loro, oltre agli operatori e ai volontari che mi circondano e che vivono la loro esperienza con uno straordinario senso di appartenenza, sono la benzina per andare avanti.

Quale è stato l’obiettivo più difficile da raggiungere nel tuo ruolo? Quale la più grande soddisfazione?

L’obiettivo più difficile è quello che ho davanti ogni giorno: gestire una realtà come VIDAS che ha raggiunto le dimensioni di una media azienda, ricercando l’efficienza di una organizzazione for profit, senza mai perdere di vista i valori su cui la fondatrice Giovanna Cavazzoni ha costruito la nostra associazione: come l’amore per i malati che deve sempre accompagnare la professionalità degli interventi e la passione dei volontari come elemento costituivo del servizio.

Le cure palliative sono un approccio globale alla cura di persone affette da malattie croniche inguaribili. Tra tutti gli aspetti di questo approccio, quale è il lato che ti coinvolge di più?

Sicuramente l’aspetto relazionale, il valore aggiunto straordinario che un accompagnamento ricco di umanità porta ai nostri malati e alle loro famiglie.

Come ti definiresti con un aggettivo?

Fortunato!

Come ti definirebbero, secondo te, gli altri con un aggettivo?

Credibile.

Completa la frase: per te FCP è...

Soprattutto un’occasione di confronto con l’esperienza di altre realtà perché c’è sempre tanto da imparare su un tema così delicato e importante per tutti come le cure palliative.

Il Consiglio Direttivo FCP è composto da membri residenti in diverse parti d’Italia: come vi coordinate tra di voi e che clima si respira al suo interno?

Negli anni in cui ho fatto parte del Consiglio il clima è sempre stato di grande collaborazione e partecipazione.

Quest’anno cade il decennale della Legge 38: quali sono le prime 3 immagini che ti vengono in mente pensando a questa legge?

La qualità e la completezza di una legge che dopo dieci anni continua ad essere un valido riferimento per chi è impegnato nelle cure palliative.
L’impegno limitato e intermittente della politica per dare piena applicazione ai diritti che la legge afferma e che ancora sono negati a tante persone in tanti territori.
I passi avanti che, nonostante tutto, sono stati fatti e che ci spronano a insistere, insistere, insistere

FCP è una realtà che associa ETS in tutta Italia: quale è il valore aggiunto sul il territorio?

Dare voce e riferimenti alle piccole realtà. Promuovere il valore civile del volontariato.

Off topic: nel tempo libero, qual è l’attività a cui ti dedichi con più entusiasmo?

Tempo libero? Scherzi a parte, mi piace andare in bicicletta, rilassarmi in campagna e camminare.