Paura, senso di abbandono, vicinanza e speranza di collaborazione
Ho sempre pensato che il compito del medico sia occuparsi delle fragilità umane.
Mi sono trovata incredula, arrabbiata, delusa e abbandonata, impotente e impaurita e anche malata ma ha sempre prevalso la volontà di fare qualcosa, di non abbandonare a mia volta, di esserci e di far sentire in qualche modo le persone protette.
Sono stata incredula e preoccupata ad ascoltare le testimonianze di figli, nipoti, parenti e amici che non sono potuti stare vicino ai propri cari morti nei reparti di terapia intensiva, nelle proprie case, nelle case di cura.
Le testimonianze inquietanti che provenivano dalla Lombardia e dall'Emilia e il silenzio agghiacciante della nostra unità sanitaria locale per quello che riguardava il territorio erano preoccupanti. Era chiaro che l'assistenza territoriale, quella rete formata da MMG, guardie mediche, pediatri, ambulatori
locali e RSA era stata abbandonata, non aveva una piano di azione o peggio non era considerata in nessun piano di azione.
Anche io mi sono trovata impreparata in tutto e in condizioni di non poter agire in sicurezza per me e per le persone fragili con cui vengo abitualmente e necessariamente a contatto. Presa consapevolezza che il silenzio non sarebbe finito, che non avevamo una guida e che non avrei trovato dispositivi di protezione, come tanti ho iniziato a vestirmi con tessuto tnt cucito da mia zia e dalle fantastiche sartine dell'onlus “Vita che Rinasce”.
Non mi sono sentita parte di un gruppo, ognuno di noi MMG ha reagito in modo diverso ma anche quelli che volevano far parte di un piano più attivo non sono stati inseriti in nessun progetto, insomma se volevi non abbandonare il paziente dovevi arrangiarti. Le Unità incaricate di operare sul territorio, da noi dette GSAT , con funzione di effettuare tamponi per individuare i pazienti positivi per isolarli e seguirli nella malattia sul territorio poteva essere un reale
aiuto se in stretta collaborazione con le risorse già presenti sul territorio..anche se inizialmente ha portato un po' di confusione, certo non poteva giustificare l'assente considerazione e tutela delle guardie mediche, dei MMG e pediatri e più di una volta la squadra stessa di GSAT non ha potuto operare per la mancanza di DPI, insomma bisognava fare i conti con le reali risorse sia materiali sia umane ma soprattutto bisognava fare i conti con la gestione.
Ricordo bene la mia incredulità quando ho realizzato che il piano di azione sul territorio del Servizio di Emergenza territoriale, del servizio di Igiene con le Unità GSAT e con il monitoraggio telefonico era di attendere il precipitare delle condizioni cliniche, la difficoltà e l'impotenza che ho vissuto per ottenere
banali esami ematici a pazienti febbrili e l'impossibilità di effettuare esami radiologici sul territorio, la difficoltà di prescrivere farmaci sul territorio, la difficoltà di fare i tamponi infatti inizialmente i tamponi venivano fatti solo al paziente che si aggravava per la carenza dei reagenti.
Sono sicura che non dimenticherò l'angoscia delle famiglie con un caro malato a casa o in ospedale, il grido disperato di un figlio che non può raggiungere e assistere il genitore malato, il dolore di un genitore che si incolpa di aver abbandonato il figlio disabile in una struttura, il dramma che si è consumato in
alcune case di riposo.
A ragione più volte si è ripetuto che l'emergenza sanitaria che stiamo vivendo da metà febbraio ha evidenziato proprio la fragilità dell'essere umano. Cito il monito di Papa Francesco “peggio di questa crisi c'è solo il dramma di sprecarla”,di non uscirne
migliori.