Le Origini delle cure palliative
Cicely Saunders e il movimento hospice
Da una famiglia agiata nel 1918 nasceva a Londra Cicely Saunders il cui nome è sinonimo della nascita delle cure palliative moderne a partire dal movimento hospice.
Questo movimento è il risultato di decenni di lavoro condotto nell’assistenza ai malati in fase terminale, sviluppato soprattutto in ambito anglosassone, statunitense e britannico dove, tra la fine del 1800 e il 1967, vennero fondati diversi centri.
Il principio su cui si basa questo movimento scientifico-culturale è che la persona gravemente malata, seppur inguaribile, sia però curabile. La cura viene intesa come prendersi cura della persona nella sua interezza, del suo nucleo familiare e amicale, della complessità dei suoi bisogni in ottica multidimensionale.
St. Christopher hospice
Cicely Saunders è stata il primo medico che ha dedicato tutta la sua carriera professionale alla cura dei malati terminali. Il St. Christopher hospice, da lei fondato nel 1967 dopo quasi venti anni di intensi studi e ricerche, è ancora oggi un punto di riferimento assoluto per tutti coloro che si occupano delle cure di fine vita.
L’hospice è stato pensato non solo come luogo di accoglienza e assistenza, ma come un luogo in cui la cura si potesse interconnettere e rafforzare con l’esperienza della ricerca e dell’insegnamento.
Lo sviluppo degli hospice
Il St. Christopher hospice riceve oggi ogni anno migliaia di visitatori ed è universalmente considerato un punto di riferimento. Il modello di moderno hospice, sviluppato su quello inglese, dalla iniziale affermazione in Gran Bretagna, Irlanda e Francia vide una rapida diffusione anche presso altri paesi come il Canada, gli Stati Uniti e l’Australia.
Solo in seguito si ebbe un’ulteriore espansione in Europa; in una terza fase poi, alcune realtà pionieristiche vennero realizzate anche nel continente asiatico, in Africa e nel sud America, facendo divenire quello degli hospice e delle cure palliative un fenomeno mondiale.
Di cure palliative in Italia si è cominciato a parlare solo nella prima metà degli anni 80, sotto la spinta coraggiosa e innovativa di Vittorio Ventafridda e della Fondazione Floriani. Prima di allora, di fatto, le cure palliative non esistevano in Italia.
Le organizzazioni non-profit
In contemporanea nel nostro paese nascevano realtà simili grazie all’attività di organizzazioni non-profit, che su base volontaristica, iniziavano a rispondere a livello domiciliare alla complessità e mutevolezza dei bisogni dei malati terminali e delle loro famiglie che a quel tempo non trovavano nessuna risposta in ambito sanitario e soprattutto ospedaliero.
Non si può quindi parlare di cure palliative senza ricordare il coraggio e la lungimiranza delle organizzazioni non-profit che per prime hanno creduto nei valori quali:
- la qualità della vita
- la dignità della persona malata
- il rispetto delle volontà da essa espresse
- la famiglia come oggetto e soggetto di cura
- il valore della multiprofessionalità
Esse ne hanno fatto la loro mission investendo lavoro, tempo, risorse ed energia con tenacia, entusiasmo e fantasia. Molte di queste associazioni non-profit sono oggi associate alla Federazione Italiana di Cure Palliative, un organismo associativo che opera per la diffusione della cultura del fine vita e per l’attuazione dei principi espressi dalle normative.
La prima definizione di Cure Palliative
Un momento fondamentale nella storia delle cure palliative è rappresentato dalla pubblicazione del Technical Report prodotto nel 1990 per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) da nove esperti, tra cui Vittorio Ventafridda, riuniti nel castello di Pomerio, a Erba.
Dal documento nasce la prima definizione dell’OMS di cure palliative come
“la cura attiva globale di malati la cui patologia non risponde più a trattamenti volti alla guarigione o al controllo dell’evoluzione delle malattie (medicina curativa). Il controllo del dolore, di altri sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale importanza. Lo scopo delle cure palliative è il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile per i malati e le loro famiglie”
I punti più importanti di questa pregevole definizione sono la centralità del malato, la considerazione della natura prismatica della condizione umana e la qualità della vita come obiettivo finale.
L’uso dell’aggettivo “curativo” è da intendersi nell’accettazione più volte esposta anche nella prima parte del lavoro, in quanto molte condizioni croniche non possono essere guarite, ma possono essere curate e lenite pur essendo compatibili con un’aspettativa di vita pluridecennale.
Pietre miliari dello sviluppo delle cure palliative in Italia
I primi passi
Solo nel 1999 le cure palliative sono state ufficialmente riconosciute ed inserite nel nostro Sistema Sanitario Nazionale, da allora hanno avuto una crescita esponenziale che ha portato a più di 250 centri sia residenziali che domiciliari sparsi su tutto il territorio Nazionale.
Il primo riferimento normativo è costituito da una legge nazionale adottata per dare attuazione ad alcuni obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale 1998-2000.
L’articolo 1, comma 1, del Decreto legge 28 dicembre 1998 n. 450, convertito dalla legge 26.2.1999, n. 39, prevedeva finanziamenti per un “programma su base nazionale per la realizzazione, in ciascuna regione e provincia autonoma, in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario nazionale, di una o più strutture, ubicate nel territorio in modo da consentire un’agevole accessibilità da parte dei pazienti e delle loro famiglie, dedicate all’assistenza palliativa e di supporto prioritariamente per i pazienti affetti da patologia neoplastica terminale che necessitano di cure finalizzate ad assicurare una migliore qualità della loro vita e di quella dei loro familiari”.
Di fatto la legge n.39/99 sanciva la nascita ufficiale degli hospice.
Con la legge n.12 del 2001 e i decreti attuativi che hanno eliminato anche alcune sanzioni penali prima previste, la prescrizione dei farmaci per il trattamento del dolore severo viene fortemente agevolata; dal 2001 infatti è possibile prescrivere farmaci oppiacei per la terapia del dolore in maniera estremamente semplificata.
La legge 38/2010
Di fondamentale importanza per l’assistenza ai malati in fase avanzata di malattia è la Legge n. 38/2010: “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”.
La legge n. 38 definisce che le cure palliative rappresentano un diritto inviolabile di ogni cittadino definendole come:
“l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”
Non esiste quindi nella legge nessuna distinzione tra patologie oncologiche e non, ma ci si riferisce a tutte le malattie ad andamento cronico evolutivo per le quali non esiste possibilità di guarigione.
Il malato viene definito come “la persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una patologia dolorosa cronica da moderata a severa.”
Con questa legge viene sancito che la sofferenza è una dimensione che va affrontata con serietà e sistematicità dal sistema in tutte le fasi e in ogni setting assistenziale.
L’istituzione della disciplina “Cure Palliative”
L’Accordo Stato Regioni del 7 febbraio 2013 ha prodotto un altro importante passo in avanti: l’istituzione della disciplina “Cure Palliative” riconoscendo con ciò la “specificità”, i saperi e le abilità dei professionisti che rappresentano un patrimonio di conoscenze faticosamente costruito grazie all’esperienza, alla formazione specifica e alle eccellenze scientifiche.
L’inclusione nei LEA
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di marzo 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza” completa il quadro dei principali provvedimenti normativi in materia di cure palliative.
Le cure palliative escono definitivamente dall'orizzonte temporale del fine vita e si allargano alle fasi precoci della malattia inguaribile ad evoluzione sfavorevole. Oltre a questo viene garantita alla disciplina la specificità specialistica.
Grazie a quest’ulteriore passaggio le cure palliative diventano, oltre che un diritto sancito dalla legge, un adempimento obbligatorio per il sistema sanitario.
Cure palliative e scelte terapeutiche
In ultimo la legge 22 dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” in cui viene esplicitata la possibilità del malato di rifiutare o revocare il consenso a qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario o a parti di esso, comprese nutrizione e idratazione artificiali. Il rifiuto o la revoca di un trattamento sanitario non possono comportare l’abbandono terapeutico perché sarà sempre assicurata l’erogazione delle cure palliative.